I progettisti sono fatti per restare - N°001
Si salpa! Primo post, confezionato prima di andare a pranzo dalla nonna.
Se mi avete sentito parlare di design negli ultimi anni, saprete che ripeto spesso una cosa: qualsiasi piattaforma digitale erogata tramite pixel è ormai una commodity 🤷♂️ .
Lo sono gli e-commerce che aprono come funghi, le app che replicano servizi esistenti, le piattaforme di compravendita che si assomigliano tutte. Persino le discipline di design legate alla mera realizzazione tecnica del prodotto si sgretolano in questo scenario.
Oggi, con strumenti come v0, Replit o Copilot, prototipare un SaaS è questione di prompt (più o meno complessi). Le technicalities del "contenitore" contano sempre meno per l'utente finale. Allora dove sta il valore? Nel contenuto. Nella strategia che lo governa. Nel farmi domande scomode:
"Sto risolvendo un problema autentico?"
"C'è della ciccia in ciò che creo?"
In un saggio celebre dal titolo La questione della tecnica, Martin Heidegger osservava come la tecnologia possa diventare un “Gestell” (o “impianto”): una struttura che tende a ridurre il mondo a mera risorsa, subordinando l’uomo anziché servirlo. Questa prospettiva trova un’eco attualissima in molti scenari digitali dove la corsa all’innovazione si traduce in una moltiplicazione di funzionalità e piattaforme, spesso prive di un’autentica riflessione sul senso di ciò che si produce.
Gli LLM? Strumenti fenomenali, certo. Sarebbe ipocrita (e antieconomico per i miei clienti) ignorarli. ChatGPT analizza scenari di business, genera use case e delinea design strategy in pochi secondi. Ben venga.
Ma il punto non è cosa usiamo per connettere i puntini – che sia una lavagna, un foglio Excel, un Miro board o una chat con l'AI – quanto perché lo facciamo.
Come sottolinea Jaron Lanier (pioniere della realtà virtuale e critico delle piattaforme digitali), rischiamo di “dissolvere” l’autenticità umana in algoritmi che replicano e ridistribuiscono contenuti. Da un lato, questo ci potenzia; dall’altro, ci porta a chiederci se stiamo effettivamente progettando la realtà o subendo passivamente un’infinità di servizi che si equivalgono.
Ecco il nostro dovere, oggi: accettare che l'uomo sia al servizio della tecnica, ma proteggere con le unghie l'unicità umana del nostro operato. Quella fatta di:
- Consapevolezza (non di dati)
- Bilanciamento (non di ottimizzazioni)
- Gentilezza (non di engagement)
Tristan Harris, ex design ethicist di Google, ha più volte sottolineato come le piattaforme social siano progettate per catturare la nostra attenzione a ogni costo, mentre ciò di cui avremmo veramente bisogno è un design che privilegi il rispetto e la cura delle relazioni.
Questa triade non sarà mai codificabile. È l'antidoto ai business model tossici, ai prodotti che ci ingabbiano, ai servizi che dimenticano di servire.
Ripensare il valore
Quando tutto sembra ridursi a uno sterile “contenitore di pixel”, il vero valore nasce da una comprensione più profonda del contesto, delle persone, del perché si crea un certo servizio. In tal senso, Donald Norman ci ha insegnato a partire sempre dall’essere umano (Human-Centered Design), e Shoshana Zuboff ci ammonisce sui rischi del surveillance capitalism, ricordandoci che il design non è solo forma o usabilità, ma soprattutto conseguenze e responsabilità.
Tiriamo le somme
Che si tratti di un e-commerce, di un’app o di un nuovo LLM, il valore non risiede nell’applicazione tecnica in sé, ma nella sua capacità di risolvere problemi reali e farlo in modo consapevole, bilanciato e gentile.
Il nostro superpotere? Progettare oltre la macchina. E per farlo, dobbiamo sì padroneggiare gli strumenti (dal più tradizionale al più avveniristico), ma anche coltivare costantemente una riflessione critica, etica, sociale ed esistenziale.
È questa la sfida più grande: coniugare la potenza dell’innovazione con la profondità del pensiero. Solo così possiamo assicurarci di creare prodotti e servizi che non siano semplicemente un’ulteriore “commodity” digitale, ma qualcosa che rifletta e valorizzi l’essenza dell’essere umano.
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